Paesaggio Modulare
Il Paesaggio modulare è fatto di piccoli cubi in ceramica di cm. 5,3 x 5,3 che sostengono dettagli di un piccolo mondo rurale e sono costruiti interamente a mano. Il paesaggio in quanto modulare può essere scomposto e ricomposto utilizzando solo la fantasia o arricchito con nuovi cubetti disponibili in atelier, all'interno dello Shop on-line o su ordinazione del collezionista.
Il teorema dei cubetti
1. Dato un cubo di lato AB di lunghezza a, si costruiscano con l’ausilio di argilla molteplici esaedri aventi lo stesso lato.
2. Sulla superficie superiore dei suddetti si modellino manualmente soggetti diversi prendendo spunto dal territorio toscano. Ciascun modulo avente le suddette caratteristiche prenderà il nome di CUBETTO.
3. L’avvicinamento, la rotazione, l’interscambiabilità di ogni cubetto potrà determinare molteplici possibilità compositive.
4. Ciascuna composizione ottenuta potrà espandersi assumendo dimensioni maggiori aggiungendo al nucleo primario altri cubetti. Tale operazione può essere eseguita in tempi ravvicinati o nel corso degli anni. Per la composizione del PAESAGGIO MODULARE non esistono regole. È largamente consigliato l’uso della fantasia.
Lavorazione cubetti
Il Pagliaio
Il ricordo e la fantasia
Quel tipico cumulo di paglia è stato sostituito dalle presse squadrate e successivamente da grandi rotoli costruiti grazie all’ausilio di macchine. Per curiosità ho chiesto ad alcune persone, nate intorno agli anni 1924 – 1935, di parlarmi dei loro ricordi legati a questi originali mucchi di paglia. I racconti che ho potuto ascoltare sono stati accompagnati da sorrisi e da toni di voce vivaci. In ogni frase e nel brillare dei loro occhi, il piacere della memoria. Dai racconti traspare che, in qualche modo, il piacere di stare insieme alleggeriva la fatica del lavoro manuale.
Il pagliaio era costruito normalmente vicino all’aia, dove il grano veniva separato dagli steli utilizzando la trebbiatrice, azionata da una macchina a vapore. La paglia veniva ammassata con il sostegno di un lungo palo conficcato nel terreno. Durante il corso dell’inverno la paglia, così accumulata, era tagliata dal pagliaio con un’apposita falce e utilizzata nelle stalle come giaciglio per gli animali. Spesso all’interno del pagliaio si ricavava una nicchia che avrebbe accolto il cane della fattoria. Da qui nasce il detto, riferendosi ad una persona: “Ma che sei, un cane da pagliaio?!” - comparando l’abbaiare del cane da guardia ad una persona che urla.
Da piccola, giocando con la fantasia, mi piaceva immaginare che i grandi pagliai fossero i cappelli dei giganti in vacanza. Gli stessi giganti amavano rosicchiare succulente mele, lasciando i loro enormi torsoli sparsi qua e là sui campi.